domenica 1 giugno 2014

da Barcellona a Campobasso

di Rita Frattolillo

Sicuramente qualcuno adesso dirà che Barcellona è un’eccezione, che nelle aree interne della Spagna la situazione non è così rosea. Quel che so, è che il Paese che fino a qualche anno fa arrancava per guadagnare terreno rispetto ai partner europei, adesso ci ha sorpassato, e di molto. Sono stata  nella capitale della Catalunya dopo un’assenza di oltre trent’anni. Città monumentale, di respiro europeo,  ma soprattutto sono rimasta ammirata  per gli enormi passi avanti compiuti nei più diversi campi.

Anzitutto, un’impressione di ordine e accuratezza: vigili, poliziotti e soldati gentili, pronti a dare info, ma inflessibili nel far rispettare le regole; nessuna deroga è ammessa: non esiste, qui, la  “politica” di chiudere un occhio…Vigilanza -discreta- anche sotto le stazioni della metropolitana, cosa che, oltre a dare sicurezza, impedisce il passaggio a chi è sprovvisto di ticket. Perfettamente sincronizzata la rete dei trasporti, funicolari, bus, tram, métro, questi ultimi provvisti di schermi televisivi che forniscono notizie a getto continuo.

Dovunque, si notano manifesti e locandine con la scritta “Bc neta”,  “Bc guapa”, richiamo continuo a  tenere la città pulita e bella. E non si tratta di slogan pubblicitari, perché dalle parole si passa ai fatti: avvertimenti ai padroni di cani a raccogliere gli escrementi, pena multe pecuniarie salate (regolarmente inflitte); io stessa ho potuto notare gente raccogliere nel sacchettino che si portava dietro le feci lasciate sul marciapiede dal proprio cane…

Inutile dire che la mia mente è andata subito alla nostra necessità di tenere gli occhi fissi a terra, mentre camminiamo, se non vogliamo acciaccare qualche lascito canino, e a quella ‘signora’ (ma poteva essere un bambino che scartava la caramella o il gelato, quanti ne abbiamo visti!) che ha lasciato cadere dalla sua auto, con proterva nonchalance, il pacchetto di sigarette vuoto. Inoltre, noto con sorpresa che qui a Barcellona lungo piazze e parchi sono stati creati spazi transennati ricoperti di terriccio  per consentire la passeggiata e i bisogni corporali ai cani, che girano in museruola. Ho avuto anche modo di rinfrescarmi la memoria su come è fatta la sagoma di un netturbino (pardon! operatore ecologico): infaticabili, girano a bordo del loro camioncino a lustrare una città di tre milioni di abitanti (compresa la cintura), agognata, e quindi trafficatissima meta del turismo mondiale.


Le scuole, poi, sono allocate in edifici più che dignitosi e, cosa che mi è piaciuta molto, gli spazi più prestigiosi sono destinati alla cultura. Così, non v’è museo o pinacoteca che non sia disposto in costruzioni di valore storico e/o artistico notevole. Intelligente, poi, l’organizzazione divulgativa per i numerosissimi visitatori, che vengono raggruppati in base alla lingua per loro comprensibile, sì da poter seguire senza sforzo il tour operator. Anzitutto, sono muniti di brochure esplicative, poi vengono fatti accomodare in confortevoli salette audiovisive create all’interno della struttura, dove si procede alla proiezione del documentario relativo al luogo che si sta visitando. Infine, il gruppo si sposta nelle varie sale, assistito dalla guida turistica. Certo, mi rendo conto che Barcellona non può essere paragonata ad una cittadina periferica come la nostra, né  essere rappresentativa di tutta la Spagna, che magari qui l’alto livello di sviluppo e civiltà raggiunto è anche – o  soprattutto – merito della Generalitat, che in ogni caso, è attiva e lungimirante  I catalani, anche se non mancano di esibire i ritratti di Juan Carlos e di Sofia, hanno dimostrato con i fatti di essere un popolo fiero di irriducibili autonomisti. Molto sangue è stato versato per l’autonomia, e si ostinano a parlare e scrivere in catalano, una lingua cristallizzata al periodo medievale, più vicina  al Provenzale che al castigliano (che è la lingua nazionale), a cui sono concesse, nell’orario scolastico, appena quattro ore settimanali. Attaccatissimi al loro percorso identitario, dunque, alle loro tradizioni, che tengono molto strette,  ma senza snobbare la modernità, anzi.


Qui tutto è informatizzato, anche le ordinazioni al bar, e nello stesso tempo aleggia il mito di Gaudì e Mirò, rivoluzionari rinnovatori dell’architettura e dell’arte, ma anche di Verdaguer, che fu l’ispiratore del tempio della Sagrada Familia, di tutti i vecchi Padri fondatori della Generalitat catalana, del re conquistador Jaume primero  (il Cid catalano), di molti bisbe (vescovi), soprattutto di quelli che unirono vocazione ecclesiastica e politica. Esempio molto significativo della capacità di rinnovamento nel rispetto assoluto della tradizione, è la festa di San Jordi (Giorgio), patrono di Barcellona tanto popolare che il suo scudo crociato compare nell’antichissimo stemma della città (sicuramente anche per volere del bisbe-governatore dell’epoca). Del santo cavaliere orientale (di cui si conserva il femore in un prezioso reliquario d’argento massiccio presso la Generalitat) raffigurato a cavallo, quasi sempre nell’atto di uccidere il drago, ho contato diverse decine di statue, realizzate in tutti i materiali possibili.
Barcellona, la Sagrada Familia

 Fin qui, niente di nuovo, se non che la principessa salvata da san Giorgio era la figlia del re catalano, e che il santo le regalò una rosa rossa; per cui il 23 aprile la città, già di per sé traboccante di fiorai, ne viene letteralmente sommersa, perché ogni uomo si fa un dovere di rispettare la gentile tradizione, regalando alla propria donna   ̶  di  qualunque età – la rosa rossa accompagnata da una spiga; fino a notte inoltrata, si vedono i ritardatari fare la fila dai fiorai. Ma dove si intuisce una  chiara strategia di rinnovamento nella continuità,  è l’aver affiancato al gesto del fiore quello di stimolare la cultura (e il mercato) grazie al regalo di un libro che ogni donna fa al proprio uomo. Alle civettuole edicole-librerie, numerose specialmente lungo le ramblas, si aggiungono, il 23 aprile, tantissime bancarelle di libri, prese d’assalto dalle donne, sicché  è curioso notare  file di uomini dai fiorai e quelle delle donne vicino ai libri, offerti a prezzi convenienti.
Barcellona, la rambla

 Ho chiesto  il perché di questo binomio ad una ragazza, e ho appreso che, siccome in quel giorno sono morti sia Cervantes, in Spagna  considerato alla stregua di un eroe (oltretutto fu ferito a Lepanto), che Shakespeare, quella giornata è stata scelta come data della rinascita della cultura, simboleggiata dai Premi alla cultura distribuiti dal re, e, appunto, dall’omaggio di un libro. Che abisso tra questa e le “nostre” feste dei santi patroni, che al massimo si concludono con la sagra dei cavatelli!…

©Rita Frattolillo

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