giovedì 25 settembre 2014

ASTI, un piccolo gioiello di arte monumentale



7 marzo 2014

Raccolta ed elegante, attraversata dalla lunga arteria intitolata al suo più illustre cittadino, il grande trageda Vittorio Alfieri, Asti è un piccolo gioiello di arte monumentale poco nota ai turisti, ma del tutto degna di una deviazione. La romana Hasta Pompeia fu sede del ducato longobardo della Neustria, e nel medioevo ebbe il diritto di battere moneta per la sua importanza commerciale (XII e XIII sec.). All’ingresso del centro storico ci accoglie la Torre Rossa risalente al periodo romano, la quale secondo la tradizione fu la prigione di  un milite romano martirizzato per la sua fede, San Secondo, eletto dopo questa vicenda patrono dagli astigiani. Proprio il suo martirio è celebrato in tele e affreschi ospitati nelle diverse chiese della città, mentre le sue spoglie riposano nella cripta romanica (del VII sec) dell’antica collegiata di S. Secondo, nell’omonima piazza situata accanto al municipio, che è la  sede di un antico mercato.



 Poco dopo la Torre Rossa inizia il corso V. Alfieri, su cui affacciano diversi palazzi sontuosi ed austeri, come l’orfanotrofio Michelerio, il liceo Alfieri, il museo del Risorgimento (qui trovo notevole la tela raffigurante la dama Luigia Sassi Battistotti e quella che ritrae il senatore palermitano Settimo Ruggero).
 Sul corso, naturalmente, è situato Palazzo Alfieri,  adibito dal comune come casa-museo e biblioteca.

 Il palazzo dà sulla suggestiva piazza Cairoli, dominata dalla statua equestre di Umberto I.
Di forma semicircolare come un teatro, è caratterizzata dall’enorme platano piantato nel 1849, a cento anni dalla nascita dell’Alfieri, che qui chiamano “Tojo”(Vittorio). A lui è intitolato quasi tutto, in città, dai bar al teatro, e la lunga strada sfocia nella omonima, enorme piazza, dove campeggia la sua statua marmorea, opera di Giuseppe Dini (1820-1890) voluta nel 1862  dal comitato presieduto da M. D’Azeglio.
Il capostipite degli Alfieri si chiamava Moneta, ed era orafo (come si evince dalla scritta che si legge sulla facciata del palazzo degli Spagnoli, dove costui aveva bottega).
Ma c’è un altro Alfieri, Benedetto - cugino di Antonio Amedeo, che era padre di Vittorio, nato a Roma nel 1699 e morto a Torino nel 1767-  che molto lavorò per i Savoia, e che qui ad Asti diede un forte impulso architettonico disegnando palazzi e chiese di gusto barocco, come la chiesa di S. Caterina e di S. Giuseppe. Quest’ultima si raccomanda perché vi è sepolto il fondatore degli Oblati di S. Giuseppe, G. Marello (26.12.1944 - 25.11.2001), già vescovo di Acqui Terme.

  La straordinaria cattedrale, dedicata all’Assunta, raro e importante esempio di gotico piemontese, è nata per volontà del papa Urbano II di ritorno dalla Francia, dove aveva predicato la I crociata, nel 1095. Le vicende successive coinvolgono la costruzione in interventi di diversa natura, finché all’inizio del XVIII il vescovo Milliavacca la fa trasformare secondo il gusto barocco.

Altra modifica, questa volta nel presbiterio, alla fine del XVIII e poi nel XIX sec.
I momenti decorativi di epoca diversa sono individuabili tanto all’esterno, quanto all’interno. Notevoli alcune cappelle gentilizie (Pelletta, Malabaila), per gli affreschi (del XV), i polittici (soprendente la Genealogia della Vergine), il calice del miracolo Eucaristico, con impresse le macchie di sangue (miracolo del 1718 riportato da Lorenzo Gentile nel 1921). Il presbiterio presenta il prezioso pavimento musivo (sec.XII-XIII) con scene della storia di Sansone, mentre l’altare maggiore, in marmi policromi, è stato realizzato su disegno (1732) di Benedetto Alfieri.

 La cappella della Madonna grande ospita una straordinaria Madonna in rame argentato e dorato, una vera rarità, creata dall’orafo astese G. Tommaso Groppa per volere del vescovo Milliavacca, come ex voto per la vittoria di Torino sui franco-spagnoli nel 1706. La stessa vittoria ha generato, a Torino, la basilica di Superga e la chiesa reale di S.Cristina (piazza S.Carlo, attorniata da bellissimi portici e dominata dalla statua equestre di E. Filiberto); quest’ultima fu voluta dalla regina madre di V. Amedeo II, Giovanna Battista.
Dipinte nel 1510 e 1516, due preziose tavole del Gandolfino: Sposalizio della Vergine e Madonna col Bambino e il committente Obertino Solaro. Unico nel suo genere, lo stupefacente gruppo in terracotta raffigurante il Compianto del Cristo morto addirittura del 1500, proveniente dalla cappella dei Malabaila. Le bellissime vasche lustrali, poi, poste su capitelli corinzi rovesciati, decorate con i motivi medievali di demoni, grifoni  e draghi, sono antichissime, risalgono al 1200.

La città si distingue per l’elevato numero di torri, tanto che sembra di stare nella toscana  S. Gimignano, né mancano le “case-forti” medievali, come palazzo Catena e quello del Podestà. Del periodo successivo, rinascimentale, è invece  palazzo Malabaila, che nel XVI sec. ospitò nientemeno che Luigi XII di Francia.
Tra le diverse piazze,  si distinguono piazza Roma, con il trionfale  monumento all’Unità d’Italia e la torre Comentina (abbellita da Leonetti Ottolenghi), e piazza Medici (personaggio milanese, secondo Generale di Garibaldi, promotore dei volontari per la spedizione dei Mille, nominato conte del Vascello;  a lui fu donato per i servigi resi il castello di Annone) con la centrale fontana monumentale che celebra la realizzazione dell’acquedotto (1908, Cantarana).

Nella zona orientale della città si può ammirare una rara sede di priorato gerosolimitano, ed è il complesso di S. Pietro in Consavia, situato sulla piazza I Maggio. Il custode ci spiega che ormai è diventato location molto richiesta  per i matrimoni, che lì vengono celebrati dal sindaco. Il complesso consta di una Rotonda, con 24 lati all’esterno (chiamata battistero di S.Pietro), del XII sec, ed è un esempio di chiesa sorta a imitazione del santo Sepolcro di Gerusalemme. Interessanti due piccole sculture, Madonna con bambino e S.Caterina d’Alessandria. Il complesso appartenne fino al 1798 all’Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme (dal 1530 denominato Ordine dei cavalieri di Malta). Il complesso, oltre al campanile (ricostruito) e all’antico ospedale (ora museo), ospita una stupenda  cappella Valperga (aula quadrata, molto decorata con fregi in terracotta e formelle a soggetto eterogeneo, intitolata al Gran Priore di Lombardia Giorgio Valperga, morto nel 1467, qui sepolto e celebrato come “massimo difensore della fede di Cristo e soldato della sacra Religione), e  il chiostro severo (qui ammiro una lastra tombale alzata, facsimile di quella della chiesa di S. Francesco a Ravenna, dove è sepolto, dal 1405, il beato Enrico Alfieri). Le decorazioni esterne, con fregi  in terracotta, sono raffinate e molto belle. Girovaghiamo ancora, ammirando l’eleganza delle vetrine  e lo stile sobrio degli abitanti che incrociamo, con l’orecchio teso a captare il loro dialetto che sa di francese. L’atmosfera trasmette serenità e relax, invita alla riflessione.

 Questa è la città dove è nato Giorgio Faletti (25.11.1950), una personalità creativa, versatile e piena di interessi, che è ben riuscita in tutto quel che ha intrapreso, dai ruoli di cabarettista, attore comico, compositore, cantante, alla scrittura. In particolare, ho amato la figura del professore “carogna” da lui impersonato nei sequel Notte prima degli esami ( 2006) con quel filo di ironia che gli era connaturato e che traspariva dallo sguardo azzurro, a tratti fanciullesco, che lo rendeva così …unico. Poi, come autore di gialli-thriller-mozzafiato, ne ho apprezzato sia la scrittura - molto moderna - che la trama, piena di colpi di scena;  ricordo che il primo thriller, Io uccido, del 2002, sorprese la critica, che lo aveva etichettato come comico, mentre  per l’ultimo, Io sono Dio, del 2009, fu accusato di essersi servito di un ghost wrighter. Uno dei peggiori difetti italici è quello di etichettare le persone, e  queste disavventure  lo confermano. Non così il Presidente della Repubblica, che nel 2005 volle conferirgli il prestigioso premio De Sica per la letteratura.

La sua prematura scomparsa, a 63 anni, il 4 luglio di quest’anno, mi è sinceramente dispiaciuta, e condivido appieno l’omaggio dell’ultimo saluto che nella triste circostanza la lunga processione silenziosa di cittadini gli ha voluto dare. Nei pochi giorni della mia visita ad Asti, così raffinata e discreta, mi veniva naturale associarla a quel suo figlio intelligente, sensibile, e talentuoso: Faletti non poteva che essere  cresciuto tra quelle strade e quelle piazze, a contatto diretto con la cultura e l’arte che lì si respirano nelle forme migliori.
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